05NOV15
LE STORIE DI STRADA
La laurea come trampolino di vita
Bernard oggi ha 36 anni, ma arriva in Italia nel 2005 dal Camerun e ottiene lo status di rifugiato politico: ciò che caratterizza il rifugiato è l'aver ricevuto dalla legge dello Stato che lo ospita e dalle convenzioni internazionali questo status, e la relativa protezione attraverso l'asilo politico. Ecco la definizione tratta dalla Convenzione sullo status dei rifugiati, firmata a Ginevra nel 1951: "Colui che, (...) temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese."
Arriva in Italia per caso, durante la sua fuga, e si ferma a Padova, dove inizialmente lavora in attesa di riavere i documenti: lavora come pizzaiolo a stagione e, comprendendo che ogni professione richiede competenze, frequenta un corso e ottiene l'attestato. Appena gli è possibile riprende gli studi universitari e nel 2010 ottiene la laurea triennale in Diritto dell'economia. Decide di proseguire con la laurea magistrale in Diritto dell'Unione europea, per affrontare un percorso più tecnico sui progetti europei e sulla loro gestione e frequenta nel 2011 l'Erasmus in Francia.
Durante tutto il percorso di studi lavora in varie pizzerie, ma quando chiude l'ultima che lo aveva assunto, nel 2013, non riesce a trovare un'altra occupazione e si blocca anche nella stesura della tesi, pur avendo concluso gli esami. Si demoralizza e sente di non avere più una strada. Cresce l'inquietudine e man mano aumentano le difficoltà economiche: è difficile adattarsi e "passare dal poter soddisfare i bisogni a dover chiedere tutto, fa perdere la stima", come ricorda Bernard.
Arriva a Milano attratto da Expo e dalla possibilità di trovare un impiego in questo ambito, ma non conosce nessuno e si trova subito in strada. Una domenica passa davanti all'Opera San Francesco e scopre un luogo dove lavarsi e mangiare. Torna il lunedì e conosce un altro ragazzo africano che gli fornisce le prime indicazioni per un dormitorio dove non trova posto, ma viene indirizzato altrove. Anche qui non c'è un letto, ma la possibilità di utilizzare un divano, e naturalmente accetta: siamo a fine 2014 e fuori è freddo. Per questioni legate al divano dove dormire, discute con un gruppo di altra nazionalità e una mattina, appena fuori dal dormitorio, viene accoltellato per strada. Per fortuna le persone presenti alla fermata dell'autobus intervengono e chiamano i soccorsi. Dopo il necessario ricovero ospedaliero, viene accolto in una struttura per senza dimora post acuti di Fondazione Arca e qui, dopo vari colloqui, lo indirizzano al Centro diurno "Punto Ronda". Da Gennaio 2015 inizia a frequentare la nostra struttura dove, in febbraio, ha un malore: viene nuovamente ricoverato per un versamento al polmone - conseguenza della brutta esperienza vissuta - e poi operato, dimesso, torna a Fondazione Arca per la convalescenza. Questa seconda esperienza in ospedale, però, non è debilitante come la prima, vissuta da solo, senza nemmeno vestiti; ora volontari e operatori della Ronda Carità e Solidarietà Onlus lo sostengono, lo vanno a trovare portandogli quanto occorre e gli telefonano. Purtroppo, tutto questo accade nel momento in cui avrebbe dovuto iniziare a lavorare come mediatore per Expo. Riacquistata la salute, rimane il dubbio di non farcela, nonostante l'invio di curriculum vitae e la ricerca online quotidiana.
Poi una svolta: trova lavoro per un'azienda di fast food che nel lungo periodo offre prospettive per cambiare mansione, e gli operatori del "Punto Ronda" lo presentano alla Fondazione Isacchi Samaja che può sostenere i necessari costi universitari per la sua laurea (occorre coprire i due anni di sospensione e le tasse previste).
Per Bernard "è essenziale iniziare a fare qualcosa, poi si potrà scegliere" e questa è la giusta prospettiva per un percorso non privo di ostacoli e dubbi, ma che, con così tanto impegno personale e con la rete messa in campo dal Centro diurno, non potrà che dare buoni frutti, di cui il primo sarà la tesi, incentrata su cooperazione e aiuto allo sviluppo nelle convenzioni tra Ue e Paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico).
"Voglio spendere due parole rispetto alla mia esperienza rispetto al mondo della vita di strada e al disagio. Non è più ignorato da nessuno che molte persone, per motivi diversi, si trovano in una condizione di emarginazione: le statistiche mostrano che il numero aumenta anno dopo anno e continuerà ad aumentare finché il sistema avrà la tendenza a spingere all'esclusione. È un bene che, dall'altra parte, cresca anche il numero di organizzazioni e strutture che affrontino questa questione e aiutino le persone a ritrovare una vita più dignitosa. Credo, comunque, che ancora molto ci sia da fare: deve essere trovata una sinergia vera tra le istituzioni, la politica e le stesse organizzazioni impegnate nel settore, i volontari e i sostenitori dietro a queste. Secondo me essere in questa situazione non è una condanna, deve essere un passaggio, e le persone che si trovano nei dormitori, nelle case famiglia o sulla strada ce la possono fare, tutte. Da soli è una impresa molto ardua, ma con una piccola mano ecco che diventa tutto più evidente."